“Come potete pensare di comperare o vendere la terra? […]
Ogni parte di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni luccicante ago di
pino, ogni radura e ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e
nell’esperienza del mio popolo. […] Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce
la nostra mentalità. Ogni fetta di terreno è per lui uguale perché egli è uno
straniero che viene nella notte e prende tutto quello che gli occorre. La terra
non è suo fratello ma il suo nemico e quando l’ha conquistata ci si installa. […]
Non ci sono posti tranquilli nella città dell’uomo bianco.
Nessun posto dove si possa udire il fruscio della primavera o il ronzio delle
ali degli insetti. […] E cosa resta della vita se un uomo non può più udire
l’amabile grido del cuculo e le conversazioni delle rane attorno ad uno stagno
di notte? […]
Cosa è l’uomo senza gli animali? Se tutti gli animali
scomparissero, l’uomo morirebbe per la grande solitudine spirituale, perché
tutto quello che accade agli animali accade anche all’uomo. Tutte le cose sono
connesse: tutto ciò che distrugge la terra distrugge i figli della terra”.
(Da una lettera di un capo indiano Duwamish del 1855)